Ten no Hitomi ~, Genere: School Life, Rating: Verde/Giallo

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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 11/10/2010, 20:35




Okay, NO. Non abbandono Miracle Painting. Vedrò di finire quella fic di merda, in qualche modo. Questa sarà la nuova. Adesso descrivo la protagonisata. Mano a mano aggiungerò i personaggi!

Aimi Shirai:
Aimi è una quindicenne nata e cresciuta a Kiryu una città nella prefettura di Gunma, in Giappone. Ha frequentato l'asilo, le elementari e le medie inferiori nella sua città, ma a 14 anni, i suoi genitori vennero licenziati. Così tutta la famiglia partì per Kawasaki, dove i genitori avevano trovato lavoro: avrebbe continuato gli studi in quella città. Centosessantadue centimetri, quarantanove chili. Le mani piccole e curate, il viso ovale. Occhi celesti, capelli mossi, molto lunghi e biondo cenere. Ai lati, due ciocche dei suoi capelli, sono legate in due codini sottili. Aimi è una ragazza adorabile: Adora fare amicizia, parlare con le persone, aiutarle e passarci tempo insieme. Ha molta paura degli insetti e dei luoghi chiusi. Ama tutti gli altri animali, in particolare i gatti. Ne ha uno di nome Sagami, regalatole dalla sua migliore amica, Kiku, qualche mese prima di partire.



Capitolo 1: Nuova vita.

«E' arrivato il momento...»
Sì, esatto. Il momento di abbandonare tutto era arrivato. Abbandonare 14 anni e più di vita. Andare via, via da quella casa...da quella città, lasciandosi dietro molte cose: Desideri, sogni, amicizie, tante storie. Aimi era davvero dispiaciuta. Ma davvero tanto. E i suoi compagni di classe? Non li avrebbe mai più rivisti, probabilmente. E la sua migliore amica? Anche lei, non l'avrebbe più vista. Oh, e il bar degli Etsuko? Nemmeno.
Si avvicinò alla finestra, e guardò il paesaggio: Era l'ultima volta che osservava quell'immagine che aveva visto cambiare nel corso degli anni. L'ultima volta che la guardava da quella finestra, da quella precisa angolazione. Le case, la strada, il postino...non li avrebbe più visti, ora che la sua casa era stata venduta a perfetti sconosciuti. Sospirò, distogliendo lo sguardo dalla finestra e osservando, stavolta il resto della sua stanza.
«Vieni qui, Sagami...» disse abbassandosi, lasciando che il gattino venisse da lei.
Lo prese in braccio e continuò a guardarsi attorno, sorridendo amaramente.
«Aimi, vuoi muoverti?!» gridò una voce dal piano di sotto.
«...Sì, arrivo.» Un'ultima occhiata, una botta di coraggio, la valigia viola in una mano, il gatto nell'altra e via. Chiuse la porta e iniziò a scendere le scale lentamente, forse per colpa della valigia pesante. Troppo piccola per contenere tutta la roba di Aimi.
«Ti muovi?!» era la voce stridula della sorella minore.
«Hai, Hai! Io ho la valigia pesante, cosa credi?»
«Ma è ovvio, se ti porti dietro una stanza intera!»
Aimi sospirò e lasciò scendere Sagami, prese la valigia con due mani, andò fino alla porta e, dopo aver messo le scarpe, la aprì. I genitori erano già accanto la macchina.
«Dammi la tua valigia, Aimi.» disse suo padre.
Aimi obbedì e la consegnò. Girò lo sguardo e osservò ancora l'appartamento. Sua sorella aveva appena chiuso la porta e camminava saltellando verso l'automobile.
"Come fa ad essere così felice? Anche lei ha vissuto qui per molto. Per undici anni..." pensò Aimi cominciando ad aprire lo sportello della macchina. Ormai tutta la famiglia era salita. Perfino la gatta si era accomodata accanto alla sorellina di Aimi, Reina. Un'ultimo, grande sospiro, ancompagnò la salita in macchina e la chiusura dello sportello.
«Cosa c'è Aimi? Perché sospiri?» Chiese sua madre.
«Niente.» disse. "Che domanda scema, lo sai bene che io non volevo traferirmi e lasciare la casa, mammina." pensò poi.
Papà mise in moto la macchina e partì. Aimi guardò fuori dal finestrino casa sua, finchè riuscì a vederla, non smise di guardarla.
«Dai, onee-san! Andremo di certo in una casa molto più grande e bella!»
Aimi fece un breve e falso sorriso. «Lo so, lo so, onee-chan! Peccato che mi verrà difficile legare con gli altri.» disse cambiando tono a fine frase.
«Ma non è vero. Legherai benissimo!»
«Eh, sì, come no! Non mi chiamo Reina!»
E in un attimo era cominciata una discussione tra le sorelle.
«Smettetela, o papà di distrae!»
Aimi girò lo sguardo e Reina sbuffò.
Il viaggio da Kiryu fino a Kawasaki era lungo. In automobile, poi.
"Non sarebbe stato meglio prendere il treno?" pensava Aimi che, ancora, guardava fuori dal finestrino, con lo sguardo sognante, perso nell'immensità del cielo. Il cielo pieno di nuvole bianche, nuvole che lasciavano intravedere il sole pallido.
Chissà cosa le sarebbe successo, in quella nuova città. Chissà che persone avrebbe incontrato. Chissà come si sarebbe trovata a scuola. Chissà, chissà! Ad un certo punto distolse lo sguardo dal cielo e chiese: «Mamma, hai già fatto l'iscrizione nella nuova scuola?»
«Sì, certo. Ho già fatto fare anche la divisa. Sono sicura che ti starà benissimo, bambina mia.» rispose la donna scrutando un attimo la figlia. «Inoltre,» continuò «tra meno di una settimana comincerà la scuola. Quindi preparati psicologicamente.»
«Non preoccuparti, mamma.»
Dopo un altro paio di ore, finalmente la famiglia arrivò a Kawasaki. Reina fu la prima a scendere, felice, col sorriso stampato sulle labbra. Aimi lasciò scendere la sua gattina e poi scese anche lei. Chiuse lo sportello guardando la sua nuova casa.
Non era più un appartamento semplice e modesto, ma un palazzo di venti piani, uno di quei grattacieli moderni, come quelli in America.
Sagami cominciò a miagolare.
«Zitta, zitta...piuttosto, vieni, entriamo.» Dicendo questo, Aimi non degnò del minimo sguardo la gatta e camminò verso la casa seguendo i suoi genitori e la sorellina.
Non appena furono di fronte all'ascensore, Aimi deglutì. Aveva sempre avuto paura degli ascensori.
«Eeeemh...V-voi proseguite, io prendo le scale!»
«Va bene, non sbagliare piano, però. E' il settimo.»
«Sì, tanto non sono da sola, c'è Sagami con me!»
Non appena l'ascensore partì, Aimi si girò: «Vieni, Sagami...andiamo s--...Sagami?»
Ma Aimi non vide la sua gatta nell'atrio. Per un attimo sperò che fosse rimasta fuori, e così uscì, cercando la gatta, chiamandola a gran voce.
Voleva andare a cercarla oltre, ma non conosceva la città. Si sarebbe persa. Guardò la strada e l'appartamento, l'appartamento e la strada, la strada e l'appartamento, alla fine si decise: Sagami era troppo importante. Gliel'aveva regalata Kiku, la sua migliore amica, come ricordo. Probabilmente non si sarebbero più viste molto spesso. Ora, Sagami, non la poteva abbandonare al destino e così andò in strada, camminò lateralmente e continuò a chiamare il gatto.

...To Be Continued

Ditemi se vi piace, commentatela, ditemi se posso migliorare DALL'INZIO.


Edited by ~SEREXTH;reinsworth - 12/10/2010, 15:34
 
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;voodooSMILE
CAT_IMG Posted on 12/10/2010, 13:50




SAGAMI DOVE SEEEEEIH Q____Q?

MORE!MORE!
Pretendo il seguito (e anche la fine yuri che ti ho proposto in MP E_E'!)
 
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~SEREXTH;reinsworth
CAT_IMG Posted on 12/10/2010, 14:25




Ti diminuisco la dimensione perché sfonda la skin >_<
Anyway, sembra un po' triste T_T Però dev'essere così, hai proprio descritto bene come si sente Aimi XD
Voglio vedere come continua e_e

CITAZIONE
(e anche la fine yuri che ti ho proposto in MP E_E'!)

LOL?
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 12/10/2010, 14:28




Sì, io la volevo fare come la fai solitamente tu, ma non ci riuscivo :( comunque lascia stare Smile, non succederà nulla.
Al limite un po' di yaoi fra Ryan e Alex...
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 12/10/2010, 21:53




Capitolo 2: Chi ha visto Sagami?

Dopo una decina di minuti, Aimi perse la speranza e si lasciò cadere su una panchina, con la tristezza stampata sul viso.
Guardò in alto, ancora il cielo e sospirò.
«Sei davvero un bel micio, sai? Ma sei un maschietto o una femminuccia?»
Aimi abbassò la testa e guardò. Un ragazzo aveva in mano un gattino! Un gatto identico a Sagami! Sì, era lei! Proprio lei! Fece il segno della croce e corse verso quel ragazzo, che a occhio e croce poteva essere uno o due anni più grande di lei.
«Fermati, fermati!» gli urlò
«...? Che cos--»
«Quel gatto..è mio..»
«Questo? Davvero? L'ho trovato per strada, miagolava.»
«Sì, sì, purtroppo quando ha cominciato a miagolare io non l'ho considerata minimamente. Sono arrivata qui da poco, e già cominciano a succedere guai...vorrei proprio sapere come farò a cavarmela...! Ma grazie al cielo l'hai trovata, graz--»
«Alt! Chi ti ha detto che te la darò indietro?»
«..Cosa? Hey! Sagami è mia!»
«Non sai che gli animali non vanno abbandonati?»
«Ma non l'ho abbandonata, è stata lei a scappare!»
«Ah, sì, certo! Forse perché non ti prendi molta cura di lei e si sente esclusa e poco considerata!»
«..Ma...Sagami è un regalo, non puoi privarmi di lei.»
«Okay, a primo impatto sembri scema. Stavo scherzando, è ovvio che te la ridò. Volevo solo vedere le tue reazioni~»
Aimi lo guardò incarcando un sopracciglio. Riprese Sagami tra le braccia e fece per andarsene.
«Io sono Ichiro Hideki, comunque.»
«...Shirai Aimi.»
Il ragazzo le sorrise e lo stesso fece Aimi, che poi si girò per andarsene. Guardò davanti a lei e cominciò a camminare, ma si fermò immediatamente. Deglutì e una goccia di sudore le solcò la fronte. «Oooops...» fece girandosi lentamente.
Hideki era rimasto lì, immobile. «Cos'hai?»
Aimi fece salire Sagami sulla sua spalla e arrossì. Cominciò a gesticolare e a balbettare.
«Beh, ecco io...in pratica...è che...come posso dire...?»
Hideki perse la pazienza «Taku... Spiegati!»
«...mi sono persa!» disse Aimi mettendo una mano sulla fronte.
«...ffff...fffahahahahah!!!»
«...perché stai ridendo?! Non è divertente! Io non abito qui, mi sono trasferita oggi!»
E quello, per Aimi, era già il secondo guaio. Che cos'era? Il destino avverso? La sfortuna che cominciava a perseguitarla? Aimi non riusciva a spiegarselo.
«Dove abiti?» chiese Hideki avvicinandosi alla ragazza, tenendo le mani in tasca.
«..Non lo so! Per di là...penso..» rispose lei indicando la strada davanti a loro.
Hideki si stava convincendo sempre di più. Aimi era una ragazza scema, ma nonostante ciò non sembrava antipatica. Solo scema. Ma chi diceva che essere scemi fosse una brutta cosa?
Guardò avanti e le annuì, invitandola a cominciare a camminare in quella direzione.
«Anche io abito per di là, quindi ti riaccompagno a casa.»
"COSA COSA COSA COSA COSA COSA COOOOSAAAA!? TUUUU!? RIACCOMPAGNARMI A CASA?!" pensò Aimi arrossendo violentemente.
Però, beh, non poteva rifiutare un'offerta così gentile. Cioè, non conosceva la città, forse sarebbe stato meglio se l'avesse accompagnata qualcuno. Però era un ragazzo, e lei non lo conosceva nemmeno. Non voleva fidarsi subito, ma era sempre meglio di tornare a casa da sola, visto che, ormai, cominciava a fare buio.
«V-va bene, andiamo.» disse.
Così i due cominciarono a camminare sempre dritto. Aimi guardava tutti i palazzi, ma nessuno sembrava essere il suo. E aveva persino dimenticato il cellulare nella valigia. Intanto si preoccupava per i suoi genitori che di certo erano in pensiero e avevano escluso l'ipotesi che Aimi avesse sbagliato piano.
Ad un certo punto, Hideki si fermò.
«Che ti prende? Perché ti sei fermato?»
«Perché sono arrivato a casa mia.»
Si erano fermati entrambi, ora. Hideki tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi, e aprì il cancello.
«Io non abito qui...» disse Aimi, sconsolata. «Questo significa che devo proseguire da sola...Allora ciao, Hideki-kun. E grazie.» terminò, e ricominciò a camminare. Hideki le disse di fermarsi.
«Entra in casa, no? Almeno chiama i tuoi genitori e fai sapere loro che stai bene.»
«Ma non vorrei disturbare...»
«...Le solite scuse. Muoviti, dai.»
Aimi non voleva disturbare, seriamente. Continuò a dire che non c'era bisogno e che sicuramente sarebbe riuscita a trovare casa sua. Ma Hideki insisteva, e alla fine, la ragazza cedette, ed entrò in casa con lui. Tolse le scarpe e posò la borsa a terra, in un angolo
«Sono a casa, Hime. La mamma è tornata?»
Da una porta, spuntò fuori una ragazza, alta, bionda, con gli occhi chiari.
Ai fianchi aveva legato un grembiule e in mano aveva un cucchiaio di legno.
«No, non è ancora t--...oh, ciao.» disse, accorgendosi solo dopo della presenza di Aimi.
Hideki tolse il suo giubbotto e lo appese. «Vieni, il telefono è qua.»
Aimi annuì, arrossendo di imbarazzo, mentre l'altra ragazza era tornata nella cucina.
«Ecco il telefono. Chiama pure.» disse Hideki, porgendole la cornetta.
Aimi la prese, sorrise e ringraziò, cominciando a digitare il numero del cellulare di suo padre.
«Papà?»
«Aimi, grazie a Dio! Dove sei? Stai bene? Perché non sei a casa? Aimi, rispondi!»
«Non ti preoccupare, papà. Sto bene! Purtroppo Sagami si è allontanata e così io sono dovuta andare a cercarla. Adesso sono a casa di un ragazzo che mi ha permesso di telefonare. Non riesco a trovare casa nuova.»
«Passami il tuo amico.»
Aimi obbedì e diede il telefono a Hideki, che cominciò a parlare e a dare spiegazioni al padre di Aimi, restando in tono cordiale e gentile.
Poi attaccò la cornetta.
La ragazza lo guardò con una faccia come se volesse dire: "Allora? Che ha detto?"
«Mi ha detto che tra poco verrà a prenderti e che ha capito dove sei.»
«Che fortuna.»
Hideki portò Aimi in cucina. C'era un buon profumo.
«Hime, cosa stai preparando?» chiese Hideki avvicinandosi ai fornelli.
«...Il ramen. Al solito.»
«Aaaaaah, buono ~»
«Ma a te non ne darò nemmeno un po'.»
Aimi si mise a ridere e si avvicinò.
«E lei chi è? La tua nuova ragazza?»
«No, l'ho raccolta per strada. Si era persa.»
«Mi chiamo Shirai Aimi, tanto piacere di conoscerti.»
«Io sono Ichiro Hime. Sorella di questo elemento.»
«Vedi, l'amore fraterno. Vedi come mi tratta bene mia sorella, Aimi?!»
«Ma perché te lo meriti.»
«Io ne so qualcosa, non vi preoccupate. Ho una sorella più piccola.»
Hideki mi guardò: «Immagino che stress.»
E a quelle parole Hime gli tirò un colpo di mestolo.
«AHIAHIAHI BRUCIAAA! Stupida Hime, stupida!»
Ad Aimi piaceva quella situazione. Non conosceva quei due, ma le stavano simpatici, ormai. Ad un tratto, suonarono al campanello. Era il padre di Aimi. Prese le sue cose, la ragazza salutò e ringraziò per l'ospitalità. Hime propose di vedersi più spesso. Hideki fu d'accordo con la sorella. Aimi decise di fare il possibile. E detto ciò uscì e tornò a casa con il padre e Sagami.


Edited by *AngelDust* - 14/10/2010, 15:06
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 14/10/2010, 21:04




Capitolo 3: Primo giorno di scuola

Kawasaki. Eh, sì...Kawasaki. La città di cui Aimi conosceva solo il nome. Era perfino riuscita a perdersi nel suo stesso quartiere. Quello era il suo primo giorno di scuola. Nuovo ambiente, nuovi compagni. Si chiedeva, preparando la borsa, cosa le sarebbe successo quel giorno. «Io vado a scuola adesso, Sagami. Tu devi stare buona qui nella tua cesta. Mi sono spiegata?» Voltate le spalle e presa la borsa, Aimi mise le scarpe e aprì la porta gridando: «Io vaaaaado!!» uscì e chiuse la porta, cominciando a camminare e a scendere le scale. Era una settimana che non vedeva Hideki e Hime, le prime due persone che aveva conosciuto in quella città. Sperava di poterle rivedere presto. Non appena fu fuori, sollevò la sciarpa. I 10 gradi scarsi di quel giorno d'aprile, le avevano fatto venire i brividi. Suo padre le aveva spiegato con esattezza la posizione della nuova scuola, e Aimi camminava seguendo quelle indicazioni, sperando vivamente di non perdersi un'altra volta. L'aria di Kawasaki, era come quella di una grande metropoli. Clacson, rumore dei motori delle auto, gente che andava e che veniva, le luci dei semafori. Non era molto diverso da Kiryu, ma ad Aimi sembrava, comunque, tutto nuovo.
«Papà ha detto che arrivata a quest'incrocio devo svoltare a destra...»
Rallentò il passo, indecisa, ma non si fermò. Svoltò a destra e proseguì. Osservò attentamente e, finalmente, riuscì a vedere la scuola, in lontananza. Un edificio abbastanza grande. Quando fu all'interno del cortile, si guardò bene intorno: Vialetti realizzati in pietra dove gli studenti potevano liberamente muoversi, una distesa di erba verde, qua e là qualche aiuola, alberi di ciliegio ancora non fioriti. Era un bel posto.
"Adesso devo andare a vedere in che classe sono capitata." Pensò la ragazza cominciando a cercare con gli occhi la bacheca. Studenti e studentesse erano tutti concentrati in un punto e le venne istintivo pensare che fosse proprio lì, la bacheca. Corse e si mischiò nella folla chiedendo permesso a tutti. Finalmente fu lì davanti. Cercava il suo nome nella lista delle classi prime.
«Shirai, Shirai, Shirai...eccomi! Sono in primo B.»
«Anche tu, eh? Che bello.»
Quella voce sembrava così familiare ad Aimi. Si girò. Era Hime, che la stava guardando sorridendo.
«Ichiro-san...che piacere rivederti. Ci sei anche tu in primo B?»
Hime la prese per il polso e la portò via da quella folla in cui non si poteva sentire nulla e soprattutto respirare.
«Sì, saremo compagne di classe.» rispose Hime mettendosi le mani ai fianchi.
«Tra poco cominceranno le lezioni, che ne dici di cercare la nostra classe?»
«Certo, certo. Andiamo, allora.»
Le due andarono dentro, conservando il cappotto e cambiando le scarpe nel rispettivo armadietto -dopo averlo cercato, ovvio- dopodichè cercarono la loro aula.
«Guarda, Aimi, è quella!»
Avevano trovato la loro classe. Hime fece scorrere piano piano la porta e controllò la situazione: Non c'era ancora nessuno. Solo una ragazza seduta al secondo banco, con le braccia conserte a fissare il vuoto. Hime la riconobbe subito. Era una sua amica, con cui aveva frequentato le medie inferiori.
«Naoko-chan! Non ci posso credere! Un altro anno insieme!!»
Quella ragazza non si era accorta di niente. Era distratta. Ma appena Hime pronunciò quella frase, subito lei scattò, riconoscendo la voce stridula della ragazza.
«H-Hime...Anche tu in primo B?»
«Esattamente! Aaaah~ Naoko-chan! Come sono contenta!»
"E ora cosa le prende?" pensò Aimi guardando Hime che era letteralmente saltata addosso all'altra ragazza. Sembrava così fredda, all'apparenza. Invece adesso aveva assunto un comportamento totalmente diverso.
«S-scusate...» disse Aimi con la voce tanto bassa da sembrare quasi sussurrata.
«Scusa, non mi sono presentata. Io mi chiamo Matsuya Naoko.»
«Io sono Shirai Aimi, piacere.»
«Sai, Aimi, io e Naoko abbiamo frequentato i tre anni delle scuole medie insieme, senza mai dividerci, e adesso siamo anche al liceo insieme..!»
«Va bene, capisco che sei contenta, lo sono anch'io, ma cerca di contenerti. Vuoi farti smascherare subito, Hime-chan?»
A quelle parole, Hime tornò quella di prima. Aimi, invece non capiva. Perché Hime doveva essere "smascherata"?

...To be continued.
 
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Crescendo!!
CAT_IMG Posted on 16/10/2010, 13:04




Hime è Batman °A°!
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 17/10/2010, 15:03




Capitolo 3: Primo giorno di scuola (parte 2)

Cominciarono le lezioni. O almeno, le prime ore non ci fu lezione regolare, solo la presentazione degli alunni alla professoressa.
Aimi, durante quelle ore era stata seduta al suo banco. Il primo della fila di destra. Nel banco accanto a lei, Hime, in quello dietro, Naoko. Il resto della classe non aveva ancora avuto il piacere di conoscerlo. Erano 19 alunni, 10 femmine e 9 maschi. Apparettemente tutti simpatici, cordiali ed educati.
Nemmeno ad ora di pranzo Aimi si spostò dal banco. Stette insieme a Hime e a Naoko.
Prese il suo bento e cominciò a parlare con loro.
«Dev'essere stato difficile lasciare la tua città, non è vero, Shirai-san?» chiese Naoko.
"Gah, Naoko, perché me lo rinfacci?" pensò Aimi mentre annuiva malinconica all'altra ragazza.
«Mh, e dimmi...cosa ti piace fare?»
«A me piace molto...scrivere...Sì, scrivere mi piace tantissimo. Frasi, canzoni...tutto quello che mi passa per la testa...e a voi, invece?»
«Io suono il pianoforte.» disse Hime.
«Io la chitarra.»
«Che bello, allora vi piace la musica! Anche io vorrei tanto imparare a suonare uno strumento musicale...»
Hime guardò Naoko spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con una mano e continuando a consumare il bento con l'altra.
"Perché si guardano così? Cos'ho detto di strano?" pensò Aimi fissando le due ragazze che si lanciavano delle occhiate come per comunicarsi qualcosa, qualcosa che sapevano solo loro.
Un segreto, che Aimi non poteva conoscere. Ma lei non ci badò troppo. Alla fine se era un segreto, lei non poteva intromettersi. Era lì da meno di due settimane, non le sembrava il caso.
Finito il pranzo, le lezioni continuarono per altre due ore, dopodichè suonò la campanella di uscita, verso le 15.00. Quello era il primo giorno, quindi le attività dei club, non ancora formati, non si sarebbero svolte.
Aimi non si staccò un attimo dalle nuove compagne e uscì con loro.
«Ragazze, devo aspettare mio fratello. Potreste rimanere a farmi compagnia?» Chiese cortesemente Hime.
«Io posso rimanere. Sì, rimango.» disse Aimi.
«Io purtroppo me ne devo andare. Ho da fare. Ci vediamo domani» disse, invece, Naoko per poi salutare le due e andare via.
Dopo pochi minuti, finalmente, Hime vide suo fratello in lontananza. Era in compagnia di due persone, un ragazzo e una ragazza. La riconobbe subito.
«Aimi-chan, la vedi quella lì?» bisbigliò Hime ad Aimi.
«Sì, chi è?»
«E' la sorella di quel ragazzo accanto a mio fratello, faceva la mia stessa scuola media!..Beh, magari non sembra..»
«Infatti, sembra una bambina di dieci anni!»
«E' intelligentissima, non ha mai preso voti sotto il 9, è educata, gentile, fa nuoto e non si comporta mai male!»
Si stavano avvicinando ancora. La ragazza era bassina, circa un metro e 50, non di più, i capelli erano lisci, tagliati a caschetto, blu scuro, quasi da sembrare neri. Gli occhi erano grandi e viola. Sembrava una bambina di dieci anni, come aveva detto Aimi!
«Mi hai aspettata, Hime. Brava sorella!» disse Hideki non appena fu a cinque o sei passi dalle due.
Hime si avvicinò leggermente irritata e gli tirò la guancia dicendo: «Solo perché sono costretta! Sennò col cavolo che ti aspettavo all'uscita da scuola!»
«AHIA, PORCA MISERIA! MI FAI MALE!!»
«...Te lo meriti!»
«..Ah, Aimi...Ci sei anche tu!»
«Sì, non volevo lasciare Ichiro-san da sola...»
«Ma che brava ragazza!..Perché non prendi esempio da lei?!»
Hime alzò la mano, come se volesse tirargli uno schiaffo, ma Hideki si mise le mani davanti per proteggersi, chiedendo scusa.
«Comunque ciao, Ryusaki-kun.» disse Hime al ragazzo, amico di suo fratello da ben due anni.
«Ah ecco, Aimi. Lui è Akio Ryusaki, un mio amico. E lei è sua sorella Emi.»
«Piacere di conoscervi.» Disse inchinandosi «Io sono Shirai Aimi, vivo qui da poco, meno di due settimane.»
«Piacere nostro.» risposero fratello e sorella inchinandosi a loro volta.
«Allora, ce ne andiamo?» disse Hime prendendo Hideki per il polso.
«Sì, sì! Aspetta!...Noi andiamo, ciao Akio, ciao Emi, ci vediamo domani.»
«A domani.»
Hideki, Aimi e Hime se ne andarono a casa insieme. Abitavano nello stesso quartiere, li dividevano pochi metri di strada.
«Ma siete nella stessa classe?» chiese ad un tratto Hideki.
«Sì, esatto» rispose Hime.
«E' una fortuna.» disse Hideki, per poi avvicinarsi all'orecchio di Aimi per bisbigliarle qualcosa: «Così almeno le fai mettere la testa a posto.»
«Ahahah, ma certo!»
«Siamo arrivati. Ciao Aimi, ci vediamo domani!»
Aimi si accorse, guardando la casa, che Hideki e Hime erano arrivati a destinazione. Sorrise e salutò, proseguendo verso casa sua, ma...

...To be continued
 
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;voodooSMILE
CAT_IMG Posted on 19/10/2010, 18:39




SPOILER (click to view)
«Va bene, capisco che sei contenta, lo sono anch'io, ma cerca di contenerti. Vuoi farti smascherare subito, Hime-chan?»
A quelle parole, Hime tornò quella di prima. Aimi, invece non capiva. Perché Hime doveva essere "smascherata"?


SPOILER (click to view)
Hime guardò Naoko spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con una mano e continuando a consumare il bento con l'altra.
"Perché si guardano così? Cos'ho detto di strano?" pensò Aimi fissando le due ragazze che si lanciavano delle occhiate come per comunicarsi qualcosa, qualcosa che sapevano solo loro.
Un segreto, che Aimi non poteva conoscere. Ma lei non ci badò troppo. Alla fine se era un segreto, lei non poteva intromettersi. Era lì da meno di due settimane, non le sembrava il caso.


NON SONO UN GRANDE ESTIMATORE DELLO YURI, MA QUESTO E' YURI BELLO E BUONO :Q___!

ORA PRETENDO LO YAOI, DAMN! èWé
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 19/10/2010, 18:58




Ma io non c'ho manco fatto caso D: non era yuri quello che intendevo
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 21/10/2010, 12:47




Capitolo 4: Pericolo in città

Qualcuno le teneva la bocca e la trascinava. Anche se tentava di liberarsi, non ci riusciva. Mugugnava qualcosa, sotto la mano di quella persona, probabilmente cercava di gridare aiuto, ma nessuno poteva sentirla.
Alzando lo sguardo, Aimi poteva intravedere la faccia di quella persona. Si vedevano solo gli occhi, il resto del viso era coperto da un passamontagna. La persona proseguì attraverso delle stradine secondarie, deserte, fino ad arrivare alla fine di un vicolo cieco. Vi erano alcune casse di legno e un bidone della spazzatura. La persona calciò il bidone, senza lasciare Aimi. Si infilò velocemente tra le casse di legno. Vi era una scalinata. Scese, ancora trascinando la ragazza come un sacco di patate.
«Ich habe dir brocht. (1)» Adesso si riusciva a capire che era una femmina, quella che aveva preso in ostaggio Aimi.
La ragazza venne finalmente lasciata e buttata sul pavimento. Cadde sulle ginocchia e prese un respiro profondo, visto che la mano di quella le aveva impedito di respirare come si deve.
Qualcun'altro la prese per il mento, glielo sollevò e la guardò.
«Ist nicht die richtige person!! (2)»
"Ma che cosa sono, marziani? Che lingua parlano?" pensava Aimi, spaventata a morte dalla situazione.
«Dare? Dare!!? (3)» gli urlò liberandosi dalla presa, ma rimanendo inginocchiata a terra.
«Brava, Annelie! Mi hai combinato un bel casino! E meno male che te l'avevo descritta!»
«Ma, Vater! (4) Mi hai detto che era di quella scuola e che aveva i capelli biondi e gli occhi chiari!»
Aimi osservava, senza capire. Si alzò, stando in piedi in mezzo a quei due.
«Chi siete?!» chiese.
«Ora come pensi di liberartene?»
«Töte sie. (5)» disse freddissima la ragazza, togliendo il passamontagna, lasciando sventolare i lunghi e fluenti capelli castani. Il suo viso sembrava tanto innocente, da brava ragazza.
«VOLETE DARMI RETTA?! NON SO DOVE SONO, NE' TANTOMENO PERCHE' SONO QUI! CHI CAVOLO SIETE!?»
«Stà un po' zitta, ragazzina! Non sei tu che dovevamo prendere!»
«Io?! Io dovrei stare zitta? Piuttosto tu che raccogli le persone e te le trascini nelle fogne? Piuttosto me ne vado da qui e vi denuncio!»
«Non è una fogna. Comunque...» L'uomo, che poteva avere circa quaranta o quarantacinque anni, si mise una mano dietro la schiena. Poi, svelto, prese Aimi che stava cercando di scappare e la trattenne, mettendole un coltello vicino la gola. «Cos'è che fai tu?»
Aimi guardò il coltello e cominciò a sudare freddo. Aveva paura, era immobile e tremava.
«Allora..?» chiese ancora l'uomo, stringendo la presa.
«Watashi o koroshite wa ikenai....Onegai! (6)» disse la ragazzina con la voce bassa, quasi piangendo.
«Io non ti uccido...ma tu in cambio cosa fai?» le chiese avvicinando le labbra al suo orecchio.
«Non dirò nulla, lo giuro, non dirò nulla! Mi lasci andare!» Aimi aveva cominciato a piangere. Voleva scappare, ma non ce la faceva, era rimasta lì, immobile. Le era impossibile fare il minimo movimento.
«Se la polizia mi viene a cercare, però...Tu. Sarai. Morta ~.» disse, infine, facendo un taglietto con il coltello sulla guancia della ragazza, per poi lasciarla andare. Aimi guardò lui e guardò lei per due secondi. Dopo corse su per le scale, via, fuori da quella specie di rifugio, senza guardare avanti, piangendo.
Mentre correva verso casa sua, stringendo la borsa con la mano, urtò qualcosa di duro. Non riuscì a capire se fosse una persona, un palo o un muro. Cadde a terra.
«...Ma tu sei...Shirai-san?»
Aimi sollevò gli occhi. Quella voce l'aveva già sentita.
«R-R-Ryusaki-k-kun..?»
Era l'amico di Hideki, che lui stesso aveva presentato all'uscita da scuola. Adesso le porgeva la mano, per aiutarla ad alzarsi. Aimi tirò sù col naso e prese la sua mano, tremando. L'altra la tenne sulla guancia. Akio la sollevò e le sorrise. «Non eri con Hideki e Hime? Perché adesso sei qui? E...cosa sono quelle? Lacrime?»
Aimi se le asciugò in fretta, ma così facendo scoprì la piccola ferita.
«Perché piangi?» chiese Akio.
«N-non piango, non sto mica piangendo.»
«Sìsì, com'è vero che mia sorella Emi è alta venti metri.» Poi, il ragazzo vide la ferita sulla guancia di Aimi. «Sei caduta? Cos'hai fatto lì?»
«Mi sono graffiata con le mie stesse unghie.»
«E per questo piangi?»
«Ma non stavo piangendo!!»
«Non mi prendi in giro! Senti, io abito qua vicino, vuoi che te la disinfetti?»
Aimi non disse niente, Akio non le diede neanche il tempo di rispondere alla sua domanda che già le aveva preso il polso e la stava trascinando nella direzione opposta a quella presa dalla ragazza.
«Aspetta, Aspetta, ma io così a casa mia non ci sto mai!»
Nonostante dicesse questo, Aimi non cercò di far mollare la presa ad Akio, e infine arrivò davanti casa sua. Il ragazzo lasciò entrare Aimi.
«Akio, sei tu? Hai portato la spesa alla nonna?»
«Sì, gliel'ho portata. Senti, mamma, abbiamo del disinfettante e dei cerotti, vero?»
Dalle scale stava scendendo una donna. Giovane, con uno straccio in mano.
«Li troverai nel bagno. Cosa ti è successo?»
«No, è per lei.»
Aimi finì di togliere le scarpe e si piazzò accanto a Akio, inchinandosi e presentandosi.
«E' una tua amica?»
«E' un'amica di Hideki. Però si è fatta male, anche se non la conosco, mi sembra giusto darle almeno un cerotto.»
"Come se io a casa non li avessi!" Pensò Aimi, sforzandosi di sorridere. Nonostante tutto, aveva un po' paura che quella cosa succedesse di nuovo non appena fosse uscita da casa di Akio per tornarsene a casa sua. Cercò di non pensarci e venne fatta accomodare nella cucina. Vi era Emi, stava leggendo un libro.
«C-ciao, Ryusaki-san.» balbettò Aimi.
L'altra ragazza distolse lo sguardo dal libro e la salutò a sua volta. «Che ci fai qui, Shirai-san??»
«Mi ha portata tuo fratello, ha insistito per disinfettarmi questa ferita» disse spostando i capelli, mostrando il taglietto.
Emi mise una mano sulla bocca e rise «Ffff..Sempre il solito...Lascialo stare, lui è sempre stato così. Il suo sogno è fare il medico. Quindi quando si presenta l'occasione per aiutare qualcuno, anche solo con un cerotto, lui non la spreca.»
Aimi capì. Beh, che ragazzo premuroso! Ed eccolo arrivare con in mano il necessario. Il ragazzo fece sedere Aimi, e poi, con cura, disinfettò e mise il cerotto.
«Fatto. Come ti senti, ora?»
Emi si stava piegando in due dalle risate. Aimi sorrise divertita «B-bene...! Però adesso devo andare.» Dicendolo, però, la ragazzina rabbrividì.
«Vuoi che ti accompagni? Almeno a metà strada?»
"ODDIO, SI' ANDIAMO" pensò mordendosi il labbro e arrossendo. Avrebbe voluto che qualcuno la accompagnasse, aveva troppa paura di quell'alieno che l'aveva minacciata. Aveva paura che tornasse e la facesse fuori davvero.
Alla fine fece di no con la testa e andò a riprendere la borsa, mettere le scarpe e aprire la porta, lentamente.
«Aspetta, ti accompagno io!» Disse Emi raggiungendola in fretta.
«V-va bene.»
Ora, Aimi avrebbe voluto solo dimenticare, dimenticare quello che aveva passato per pochissimo tempo, ma le cui immagini si ripresentavano ogni minuto nella sua mente.
Però, quelle persone cercavano qualcuno. Questo voleva dire che una ragazza somigliante a lei era in pericolo.

...To be continued

Parole e frasi che probabilmente non avete capito (segnati con i numeretti)
1: Ve l'ho portata
2: Non è la persona giusta!
3: Chi sei? Chi sei!!?
4: Padre
5: Uccidila
6: Non mi uccidere...Per favore...
 
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Crescendo!!
CAT_IMG Posted on 22/10/2010, 20:28




I CRUCCHI GHENGSTAAAAA
CITAZIONE
Scese, ancora trascinando la ragazza come un sacco di patate.

Beh son crucchi, se la trascinano come un sacco non puo' che essere di patate.
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 26/10/2010, 14:48




Capitolo 5: Tsuna Mayo e Omu Raisu

Era arrivato il mese di maggio. I ciliegi erano ormai fioriti. Le giornate stavano diventando più miti, suscitando, così, una sorta di felicità nella gente. Gli studenti continuavano la loro normale vita, andando a scuola, studiando, passando del tempo con gli amici. Anche Aimi, durante quel mesetto passato a Kawasaki, aveva conosciuto tante persone, ed era riuscita a fare amicizia con le sue compagne. Passava molto tempo insieme a Hime e Naoko. Quest'ultima aveva avuto modo di conoscerla meglio e adesso non era più distaccata come il mese prima.
Due ragazze in particolare erano diventate amiche di Aimi. Due gemelle. Hina e Hana.
Perfettamente uguali in tutto, tranne un piccolissimo dettaglio (a parte il nome): la trecciolina che entrambe portano. Hana a destra, Hina a sinistra.
«O-ha-yooou!» Gridarono le gemelline, in coro, facendo scorrere e sbattere violentemente la porta dell'aula.
«Buongiorno!!» rispose Aimi.
Hina, sorridendo spensierata come al solito, andò accanto al banco di Aimi, dove lei, Hime e Naoko stavano discutendo poco prima che le due entrassero.
«L'avete saputo??» bisbigliò Hina.
«Che cosa?» chiese Aimi, sempre a bassa voce.
«Hanno detto che abbiamo una nuova compagna di classe! Ci pensate? Però non è di Kawasaki, viene dal---»
Ma la ragazzina venne bloccata dalla professoressa, che invitava tutti a sedersi in silenzio.
«Buon giorno. Quest'oggi, ragazzi, la nostra classe si allargherà. Entra.»
Il perfetto silenzio che si era venuto a creare era turbato lievemente dal lento scorrere della porta e il passo di quella ragazza: lunghi capelli castani, occhi chiari, azzurro/grigio, freddi come il ghiaccio. Portamento molto elegante, fisico invidiabile.
La ragazza aveva preso il gesso in mano e aveva cominciano a scrivere il suo nome alla lavagna.
«Piacere» disse poi «Io sono Annelie Schwarz.»
Hana si alzò in piedi, sorridendo. «Benvenuta nella nostra scuola media superiore, Shuwarutsu-san. Io sono Fujima Hana, la rappresentante di classe.»
«Mh...Grazie.» disse la nuova arrivata, accennando un sorrisetto di superiorità, andandosi a sedere in un banco vuoto senza neanche il consenso della professoressa.
"Annelie, Annelie, ma io ho già sentito questo nome... nemmeno la voce e il viso mi sono nuovi..." pensò Aimi guardando la ragazza che adesso stava seduta, si teneva il viso con la mano e fissava il vuoto. Non sembrava contenta di essere in quella scuola, in quella classe. Anche il suo tono era distaccato. Aimi, nel frattempo, continuava a pensare dove aveva visto quella ragazza.
«...per questo sono molto importanti per la cultura americana. Hai capito, Shirai-kun?...Shirai-kun?»
Ma Aimi era completamente assente. Solo quando la professoressa le si avvicinò e poggiò le mani sul suo banco, lei sembrò svegliarsi da un sogno.
«Cosa ti succede? Per caso non ti senti bene?»
Aimi si alzò, battendo le mani sul banco e indicando la professoressa: «Ecco dove l'ho vista! E' la rapitrice!»
La professoressa guardò la ragazza come se fosse una psicopatica.
Aimi si rese conto di ciò che aveva detto e arrossì, rimanendo in quella posizione.
I suoi compagni, tutti, nessuno escluso, la fissavano, in silenzio.
Naoko scosse la testa, mettendosi una mano sulla fronte. «Aimi, cosa combini?» disse a bassa voce.
«Gomen nasai, Gomen nasai!! Stavo pensando ad alta voce!»
«Sei perdonata. Ma se non stai bene, perché non vai in infermeria?»
Aimi scosse la testa, tornò seduta e rabbrividì. Che cosa ci faceva quella ragazza nella sua scuola? Probabilmente lo sapeva. Annelie e la sua famiglia erano dei malviventi. Cercavano una ragazza, proprio in quella scuola. Ecco perché, adesso, la ragazza era lì. Però, cosa c'era di così importante? Tanto importante al punto di dover rapire una ragazza?
Aimi non lo capiva, non si sarebbe voluta impicciare, o sarebbe stata in un guaio più grande di lei. Ma adesso, con Annelie ci doveva convivere. Ogni giorno, nella stessa classe. E ciò la faceva rabbrividire. Aveva molta paura. Solo un mese prima quella se l'era portata in un rifugio, e suo padre l'aveva perfino minacciata di morte. Non poteva nemmeno parlarne con i suoi genitori o per telefono con Kiku, che, nonostante ora fossero lontane, rimaneva la sua migliore amica. Poteva parlarne solo con Sagami, la sua gattina. Solo lei non avrebbe mai potuto dire nulla a nessuno. Per tutta la giornata, Aimi non si avvicinò ad Annelie. Tentò di starle il più lontano possibile. In effetti, nessuno si era avvicinato a quella ragazza. I maschi la guardavano da lontano, sbavando come tanti deficienti. Durante le attività di club, Aimi riuscì a calmarsi. Aveva deciso di frequentare recitazione. Si occupava di scrivere i copioni e i testi delle eventuali canzoni. D'altronde, lei credeva di non saper recitare. Non aveva messo più piede su un palco dai tempi dell'asilo, quando, a una recita di fine anno, si fece vincere dall'imbarazzo, inciampò, cadde e dimenticò la sua battuta, correndo dietro i tendoni a nascondersi, piangendo. Era stato un trauma, per lei. Quindi aveva deciso che non avrebbe mai più recitato e si sarebbe dedicata ad altro.
«Va bene, qui abbiamo finito, potete andarvene.»
Aimi prese le sue cose, uscendo dall'aula di recitazione, scendendo le scale lentamente.
«Ciao Shirai-san!!»
Aimi alzò lo sguardo «Ciao, Ryusaki-san..» disse velocizzano il passo, raggiungendo Emi in fondo alle scale.
«Cosa ci fai ancora qui?»
«Ho finito adesso le attività di club...E tu, invece? E' tardi, dovresti essere a casa.»
«Mio fratello deve ancora finire, io ne ho approfittato per finire gli esercizi di matematica.»
«Cosa fa tuo fratello?»
«Scienze...»
«E tu??»
«Io faccio nuoto. Lo faccio da quando avevo 5 anni. Sono a livello agonistico, ormai.»
«S-sugoi-desu!!!»
«Tu che fai, Shirai-san?» Disse Emi prendendo Aimi sottobraccio, iniziando a camminare verso l'uscita.
«Io recitazione.»
«Ti piace recitare??!»
«Eeeemh...non proprio....ecco, io...scrivo i copioni.»
«Allora mi stai dicendo che non ti piace...?» chiese Emi aprendo il suo armadietto, cambiando le scarpe.
"Sapessi quello che ho passato da piccola!!"
«Non è che non mi piace, è che non so recitare...sai, io non sono come te...»
«Come me? Perché? Come sono io?»
«Tu...beh, sei brava in tutto...Sei una brava ragazza, studiosa, educata, sai fare parecchie cose. Io, invece...» Aimi chiuse l'armadietto e riprese la cartella «..io non so fare quasi niente...sono imbranata.»
Emi la riprese sottobraccio, uscendo insieme a lei da scuola. «Non è vero! Nessuno è imbranato!»
«Sì, sì, come no.» Aimi sospirò «Ti invidio, Ryusaki-san...»
«Non hai nulla da invidiarmi. Nessuno dovrebbe invidiare gli altri. Insomma, anche se non te ne accorgi, puoi avere molte doti nascoste! Per esempio, sai gli onigiri?»
"COSA DIAMINE C'ENTRANO ADESSO GLI ONIGIRI?!"
«Sì....»
«Ne esistono tanti tipi, con ripieni diversi: Tsuna mayo, Ebi mayo, meshisoba, sake, omu raisu, ume...Noi siamo come tanti onigiri, ognuno di noi ha un ripieno differente. Io sono uno Tsuna mayo e tu un omu raisu. Io, assaggiandoti, posso capire che hai tante qualità, e lo stesso fai tu con me. Ma noi non possiamo assargiarci da soli, ecco perché crediamo di essere degli stupidi incapaci. Ma chi ci conosce sa bene che non è così!»
Aimi ascoltò attentamente Emi, che gesticolava per rendere meglio il discorso. In realtà, Aimi non avrebbe mai pensato che Emi potesse fare discorsi simili, pensava fosse una di quelle secchione serissime e prive del senso dell'umorismo, che non ti suggerivano mai alle interrogazioni nè ti facevano copiare il compito. Ma ora, parlandoci, poteva smentirlo. Adesso aveva capito che c'era qualcuno che, anche se l'aveva conosciuta in un mese, la apprezzava e la stimava.
"Riportarmi l'esempio degli onigiri...e paragonarmi ad un omu raisu...ecco perché credo di non saper fare niente: a me gli Omu Raisu non piacciono!"

...To be continued...
 
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~SEREXTH;reinsworth
CAT_IMG Posted on 26/10/2010, 18:09




ASPETTA ASPETTA SONO ANCORA AL CAPITOLO 3 D: LOL *se le legge tutte*
 
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*AngelDust*
CAT_IMG Posted on 1/11/2010, 15:38




Capitolo 6: Superstizione

«Aaaah! Momo-chan! Adesso 7 anni di sfortuna!» E voi? Ci credete alle superstizioni?
E' vero che rompere gli specchi porta 7 anni di sfortuna? Credete anche nella faccenda del gatto nero che, se vi attraversa la strada, è segno di sfortuna imminente?
«...C-che cosa??»
«Momo-chan!! Hai rotto lo specchio!!»
Momo è una ragazza di quindici anni. Capelli neri e lunghi, grandi occhi scuri e lineamenti graziosi. Anche lei frequenta il 1°B, con Aimi.
E' un po' vanitosa. Non può fare a meno di avere con sè uno specchio. Deve averlo anche a scuola, poiché tiene al perfetto ordine del suo viso e dei suoi capelli.
Ma quella mattina, aprendo la cartella, aveva avuto una sorpresa alquanto spiacevole: lo specchio si era rotto!
Beh, finché si trattava solo della rottura, non c'era problema. I soldi per comprarne uno nuovo non le mancavano. Però, Keiko le aveva appena detto che quello specchio rotto le avrebbe portato 7 anni di sfortuna. Keiko è la migliore amica di Momo. Abitano lontane dalla scuola e prendono l'autobus ogni mattina per raggiungerla. Keiko è la ragazza più bella del primo anno: Suo padre è francese e sua madre giapponese. I capelli di media lunghezza sono biondi e i suoi occhi espressivi e profondi, sono azzurri. Come Momo, anche Keiko è abbastanza vanitosa.
«D-davvero avrò tutta questa sfortuna??» chiese Momo a Keiko raccogliendo ad uno ad uno i frammenti dello specchio dalla sua cartella.
«Così dicono! Però tu, intelligente, ti siedi sulla cartella, sapendo che c'è qualcosa che può rompersi?»
«Ma...ma non mi ci sono seduta!!!»
«No? Invece sì! Sull'autobus! Mentre venivamo a scuola!»
«Beh, forse mi sono appoggiata un po'...»
«No, ti ci sei proprio buttata su.»
In quel momento, Aimi arrivò insieme a Hime.
«Buon giorno.» dissero insieme le due.
Momo e Keiko risposero educatamente al saluto, poi tornarono al loro discorso.
«Che cosa è successo?» chiese Aimi mentre, insieme a Hime, si avvicinava all'ultimo banco, quello di Momo.
Hime, non appena vide lo specchio rotto, mise una mano sulla bocca e guardò preoccupata la povera Momo, adesso ancora più spaventata.
Silenzio. Silenzio totale. Aimi le guardò, a turno, tutte e tre. Sembrava avessero visto un fantasma. Anzi, peggio.
«Aimi...non conosci...la superstizione?» chiese Keiko.
«S-superstizione?»
«Dio, si è rotto lo specchio. Aimi, lo specchio. Svegliati!» disse Hime, quasi rimproverandola.
«Oh...di chi era?»
«Mio...» disse Momo.
«...Dai, Tachibana-san. Ne comprerai un altro più bello!»
«LA SUPERSTIZIONE, AIMIIII!!»
«Ma quale superstizione?»
«Se si rompe uno specchio si hanno sette anni di sfortuna!»
«Ggggh...non lo...dire...p-più..» disse Momo con le mani sul viso.
«Tachibana-san, tu credi a queste cose?» chiese Aimi avvicinandosi a Momo, mettendole una mano sulla spalla.
«Se ci credo? Non le vedi loro? Sembrano che abbiano avuto già esperienza!»
«Io non ho avuto esperienza, veramente.» disse Keiko.
«Io invece sì...ma, a dire la verità, non mi è successo nulla. Infatti, come puoi vedere anche tu, sono ancora qui, viva e vegeta.» disse fiera Hime battendosi un pugno sul petto.
«Tachibana-san, non credere a queste cose! Non sono vere!» le disse Aimi.
«Sicura, Shirai-san?»
«Certo! Se tu ci credi, ti fai solo suggestionare e poi ti succedono davvero! Ne comprerai un altro!»
«Però vorrei sapere...perché si dice che porti sfortuna?»
Aimi non le seppe rispondere. Keiko cercò di pensarci su, ma nemmeno lei seppe dare una risposta alla domanda della sua amica.
«Nemmeno io lo so. Ma forse Naoko saprà risponderci. Adesso andiamo ai nostri posti, sta arrivando la professoressa.» disse Hime prendendo il polso di Aimi, trascinandosela verso i loro posti.
Poco dopo arrivarono gli altri compagni e l'insegnante, e le lezioni cominciarono. Momo era nervosa e non riusciva a stare ferma. Faceva tremare le gambe, accavallate e sfogliava rumorosamente le pagine del libro.
«Ma chi è che fa questo rumore?» chiese la professoressa.
Momo smise di sfogliare il suo libro. Si fermò, alzando piano la testa.
«Tachibana-kun, tutto bene? Mi sembra che in questi giorni nessuno di voi stia molto bene...»
Momo si alzò in piedi: «P-professoressa, non sto bene...posso uscire?»
«...C-certo...Vai.»
Momo si allontanò, uscì fuori, cominciando a camminare. Cercò di non pensare allo specchio, ma non ci riusciva. Le veniva automatico pensare che ora sarebbe stata perseguitata dalla sfortuna. Anche se Aimi le aveva detto il contrario. "Solo una superstizione...e se così non fosse?" Pensava la povera ragazza, che camminava nervosa guardandosi le mani e sfregandosele. Ma, ad un tratto, per il nervosismo intrecciò i piedi e inciampò, cadendo con il viso a terra. Sperò vivamente che non ci fosse nessuno nei paraggi. Guardò a destra, poi a sinistra, poi dietro di sè. Alla fine, guardando di fronte, vide un paio di gambe maschili. Alzò la testa molto lentamente e, appena riconobbe la persona, desiderò sparire, dissolversi, sprofondare.
«V-va tutto bene, Tachibana-kun?» Disse quello, abbassandosi sulle ginocchia.
«Sì, sì, sì, sì, va tutto bene, vedi in realtà io, io...vedi io, in realtà stavo provando a...a...a nuotare! Nuota, nuota!! Ahahahha, Nuota, nuota!» esclamò imbarazzata, distendendosi completamente, muovendo le braccia come se stesse nuotando.
«...Non sarebbe più semplice dire che sei inciampata e sei caduta?»
Momo si alzò e si tolse la polvere dalla divisa, sempre nervosa e imbarazzata. Era caduta davanti a lui. Saioji Akira. Il ragazzo più figo della scuola. Il ragazzo del terzo anno di cui tutte le ragazzine erano pazzamente innamorate. Qualcuna lo faceva vedere, qualcuna un po' meno, qualcuna no, ma tutte, tutte quante, gli andavano dietro sbavando, nonostante lui fosse impegnato.
"Non è possibile...sono caduta davanti a Saioji-kun! E' orrendo! Orrendo, orrendo!" pensò Momo, voltandogli le spalle.
«Ciao, me ne torno in classe.» Gli disse, poi. Mano a mano cominciò a velocizzare il passo, fino a correre a perdifiato verso la sua classe,
"E' vero, è vero, non è una superstizione! Sennò non sarei caduta e non avrei fatto una figura del genere proprio davanti a lui! No, no!"
Proprio quando rientrò in classe, con gli occhi lucidi, quasi piangendo, suonò la campanella del pranzo.
«Tutto okay, Momo-chan?» le chiese Keiko prima di iniziare a mangiare.
«E' terribile, Keiko! Terribile!!!»
«Che cosa? Ancora il fatto dello specchio? Sai, Naoko mi ha spiegato la superstizione su questo bigliettino che mi ha lanciato durante l'ora di inglese...tieni.»
Momo prese il pezzo di carta stropicciato, su cui c'era scritto, disordinatamente: "Secondo le credenze popolari, gli specchi custodivano una parte dell'anima di chi vi si rifletteva. Come la maggior parte dei fenomeni fisici, la riflessione era considerata divina, quindi risultato di un prodigio o maleficio e quindi era temuta. Questo è il motivo per cui rompere uno specchio porta 7 anni di sfortuna, perchè con esso muore una parte della nostra anima."
Non appena finì di leggere, stropicciò nuovamente il bigliettino e lo strinse nel pugno.
«Sono caduta davanti a Saioji-kun, poco fa.»
Keiko stava per soffocarsi con il cibo. Bevve mezzo litro d'acqua, poi, col fiatone e gli occhi di Momo puntati addosso, chiese: «CHI!?»
«...Saioji Akira...»
«Il ragazzo di 3°A, quello bellissimo a cui però io non vado dietro perché sono già fidanzata!? Lui?! LUI?!»
«...Esatto.» disse Momo sbattendo di proposito la testa sul banco. «Naoko sa per caso come liberarmi della sfortuna che sta cominciando a perseguitarmi?»
«...Momo, forse Aimi aveva ragione. Ti stai facendo solo suggestionare.»
«Sono caduta davanti a Saioji-kun, questa non può essere altro che sfortuna!!!»
«Poteva essere chiunque. E poi tu cadi sempre. Le cadute sono il tuo pane quotidiano! Ricordi alla stazione, tre anni fa? Quando, dopo aver comprato il giornale per tuo padre, sei corsa da lui e sei caduta? Oppure, ricordi quando, tornando a casa, pioveva e sei scivolata sbattendo la schiena? C'ero anche io! O anche quando sei caduta dalla bicicletta, a sei anni! E poi, ti ricordi quando...»
«Basta!! Non ricordarmi tutte le cadute imbarazzanti!»
«..Sei caduta anche ieri, uscendo da scuola.»
«Keiko-chan! Sei cattiva!»
In questo caso, era vero. Solo una superstizione. Niente di cui preoccuparsi. La sfortuna non arriva mai, se non ci crediamo. Mai deprimersi e credere di essere sfortunati, mai.

...To be continued...
 
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36 replies since 11/10/2010, 20:35   440 views
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